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Viscom Italia. Milano.
Il tema di quest’anno era “Dream it, Make it”. E l’architetto Marcella Gabbiani ha pensato a me.
Microfono. 1, 2 ,3 prova. Tutto pronto. Sono le 14:45 e sto per iniziare il nostro TALK che affronterà il tema del talento; per l’esattezza il tema dell’umanizzazione del talento.
Si, perchè nell’era di quello che io definisco “SOCIAL DOPING” dove esiste solamente la spettacolarizzazione del talento in una sorta di alterazione continua della realtà, serve tornare con i piedi per terra, credere in noi stessi, riprendendo la consapevolezza che il talento è dentro di noi, ed è fondamentale riconoscerlo per poterlo alimentare. Che lo definiate una predisposizione, una passione, una scintilla, resta un qualcosa di fondamentale sul quale investire la nostra vita e farlo fruttare. Non solamente in termini economici, ma in termini olistici*
*«Teoria biologica generale derivata dal vitalismo, proposta negli anni Venti in contrapp.[osizione] al meccanicismo, secondo la quale le manifestazioni vitali degli organismi devono essere interpretate sulla base delle interrelazioni e delle interdipendenze funzionali tra le parti che compongono l’individuo, il quale nel suo complesso presenta caratteristiche proprie, non riconducibili alla somma delle sue parti»).
“Ogni volta che chiedo ad un adulto quale sia il suo talento, succede sempre la stessa cosa:
esita, pensa e timidamente risponde con la massima cautela possibile, come se dichiarasse un segreto che ha tenuto nascosto per tutta la vita”
Qualcuno mi ha accusato di fare il benpensante e di considerare tutti “fenomeni” con la mia teoria del “ognuno ha un talento”. Mentre il tema che tratto è l’opposto. Come dico spesso, i talenti fuori scala che riteniamo “fenomeni” (dagli sportivi, ai musicisti, agli attori), sono e restano fuori scala, cioè fuori concorso, sono delle rarità che non possono essere prese ad esempio dai comuni mortali. Un esempio? Jannik Sinner. Parliamo di essere il numero 1 su 87 milioni di tennisti stimati nel mondo. Altro esempio? Ronaldo o Messi (per par condicio). Sono due casi su 265 milioni di giocatori di calcio stimati nel mondo**. Capite che considerarli parte di un’equazione dove parliamo di talento, passione, determinazione, resilienza, è fondamentalmente sbagliato. Perchè il talento del quale parlo, è umano, gestibile, tangibile. È dentro di noi. Può essere verticale, quindi più riconoscibile (nella musica, nel ballo, nello sport, nell’arte). Può essere spiccato e convertibile (nel business). Ma può anche trattarsi di micro talenti, di talenti deboli, come l’empatia o la sensibililtà.
**Morale fuori tema? Visto che vincere al SuperEnalotto è un caso su 622 milioni, è più facile diventare Sinner, Ronaldo o Messi che battere la fortuna che resta inesorabilmente una dea bendata. Quindi… iniziate ad allenarvi!
Forse la mia è solo una forma di auto convinzione, non lo nego.
Ma credere che il talento sia in ognuno di noi, forse è il mio modo per continuare a credere nelle persone.
#talentisineveryone